Tornerà a fare la mamma e l’impiegata. Cristina Bertuletti, 52 anni, sindaco di Gazzada Schianno per due mandati si prepara a lasciare il Palazzo, Villa De Strens.
Il sindaco leghista, con simpatia di estrema destra mai nascoste, eletta al secondo mandato per soli sette voti, non ha avuto vita facile e soprattutto non l’ha resa facile agli altri: «È per questo che ho deciso di farmi da parte e non partecipare in alcun modo alle prossime amministrative. Non sarò in lista soprattutto per non mettere in imbarazzo i miei» spiega in un’intervista in cui, com’è nel suo costume, parla senza badare troppo alla diplomazia.
Cosa sarà della lista della Lega nel suo paese?
«Non ho idea. Ormai, nel gruppo, di chiara fede leghista c’è solo Stefano Frattini, gli altri sono tutti indipendenti. Probabile che faccia la fine di tutte le altre liste che negli ultimi anni si sono presentate alle amministrative rinunciando al nome e al simbolo».
C’è un velo di rammarico…
«Che dire: nell’arco di un triennio la Lega è molto cambiata. Siamo nella scia di Salvini, lui decide la rotta, lui è davvero il capitano. Un tempo il nostro faro erano la secessione, il federalismo ora siamo al governo con un movimento che è la quintessenza dell’assistenzialismo. Siamo passati da uno slogan che inneggiava alla Padania, a “prima il Nord”; adesso è “prima gli italiani”: siamo diventati un partito nazionalista e io non mi ci riconosco. Mi pare che ormai la Lega sia piena di giovani ambiziosi, mi ricorda il vecchio Psi e Salvini un po’ Craxi».
Quindi? Si prepara a dare l’addio alla Lega?
«Non so, potrebbe essere. La mia militanza nel Movimento Sociale prima e in Alleanza Nazionale poi, non è un mistero per nessuno. In tempi recenti e in varie circostanze ho avuto contatti con CasaPound: è un gruppo molto attivo in provincia che si muove in maniera strutturata. Mi sento in sintonia con loro, vedremo».
Delle sue simpatie per l’estrema destra abbiamo avuto ampie riprove in molte sue esternazioni. Basterebbe ricordare quella dopo l’operazione di polizia con i sequestri di materiali dalla sede di DoRa, o quello in occasione del Giorno della Memoria che poi ha portato a diverse assemblee pubbliche e alla richiesta di dimissioni…
«Quella storia è pazzesca. Ricevo minacce di morte ancora oggi. Anche indirizzate ai miei figli. Il post incriminato (“Visto che è il giorno della memoria, ricordate di andare a pijarlo in c…” ndr), finito su tutti i giornali, era rivolto ad una persona ben precisa e l’ho scritto in un momento molto delicato: mio padre stava molto male. Ero esasperata dagli attacchi personali di questa persona e ho risposto così, con un post su Facebook in cui ho usato un linguaggio che non è neanche il mio. Sono stata attaccata da tutti: nessuno però mi ha chiesto spiegazioni e ha ascoltato le mie ragioni».
I vertici della Lega?
«Pubblicamente hanno preso posizione, in privato qualcuno si è limitato a rimproverarmi bonariamente. Niente di più».
Non crede che un sindaco dovrebbe avere maggiore rispetto?
«Ne abbiamo discusso anche in giunta. Io sono così: la persona che scrive sui social è la stessa che si vede agli incontri pubblici o in consiglio comunale. Ho sempre detto quel che pensavo, a tutti. Avrei dovuto chiedere scusa? Non l’ho fatto e non lo farò. Oggi non scriverei un post di quel tenore, ma solo perché lo manderei al diretto interessato».
Un marito, quattro figli, il lavoro, il volontariato all’SOS della Valbossa e poi la bicicletta, la corsa, il nuoto e la politica. È possibile trovare il tempo per fare “anche” il sindaco? Come giudica il suo operato in questi dieci anni?
«Il primo mandato è stato più semplice, il secondo molto più faticoso. Non solo per gli “incidenti diplomatici” che hanno provocato qualche attrito anche all’interno del gruppo di maggioranza, ma perché sono proprio cambiate le condizioni per chi amministra un paese. Tagli al bilancio, burocrazia hanno reso tutto più lento e complesso. Ci sono ambiti però in cui siamo riusciti a lavorare molto bene come quello dei servizi sociali. Facciamo molto per il nostro paese, in maniera silenziosa, senza tanto clamore.
Quanto al tempo: ho preso un’aspettativa. Il mio unico lavoro è stato fare il sindaco per dieci anni».
Avete lavorato sul welfare, ma hanno rimproverato lei e la sua giunta di aver osteggiato l’arrivo dei profughi che ospitate in paese fino a partecipare attivamente a una manifestazione di neonazisti.
«La Caritas s’è impegnata molto per loro e non sono stati lasciati soli. Io non ho niente contro i dieci profughi che vivono a Schianno, caso mai ce l’ho con le cooperative che gestiscono questo meccanismo vizioso, che crea un indotto di lavoro fasullo. La protesta organizzata con i DO.RA. aveva lo scopo di richiamare l’attenzione sul fatto che il Comune non vuole subire decisioni prese dall’alto, senza essere consultato. Abbiamo famiglie ben integrate: se gli stranieri arrivano per i canali giusti, legali, sono ben contenta che vivano qui».
Obietti raggiunti e obiettivi mancati?
«Pedemontana è stata una grande delusione. Ho sperato che riuscisse a sgravare i nostri paesi dal traffico e allo stesso tempo che le opere di compensazione migliorassero la vita nei comuni che hanno sopportato i disagi. Non è stato così. Ora però siamo riusciti ad appaltare due lotti per investire il milione e 600 mila euro che ci spettava. Il primo lotto prevede la sistemazione dell’area attorno al Circolo di Schianno: creeremo una pista ciclabile mettendo in sicurezza via Adua, via per Lozza e creando un ampio parcheggio dove c’era la pista di bocce del Circolo. Il secondo lotto prevede invece la sistemazione l’area parcheggio della stazione. Altri lavori in vista riguardano la sistemazione di via Morazzone e via Cremona dove verrà creato un passaggio per le scuole e la creazione di un collegamento con Buguggiate e la ciclabile di Varese. Provvederemo poi a sistemare il parco comunale, riqualificando l’area e sostituendo gli alberi malati».
Cosa sarà invece di piazza Galvaligi, al centro di una vicenda giudiziaria?
«Ecco quella è stata l’altra grande delusione. La causa con l’impresa è stata davvero lunga: ora dovremo rimetterci mano e sistemare quello che è stato mal fatto a partire dalla pavimentazione. Il progetto iniziale non era questo, se la Sovrintendenza non ci avesse imposto dei vincoli, avremmo realizzato la piazza in maniera diversa evitando errori e risparmiando denaro».
Cristina Bertuletti lascerà la gestione della cosa pubblica senza troppo rammarico, pare: «Sì, tornerò alla mia famiglia che è la cosa più importante che ho, e alle mie passioni». La passione politica quella resta ma per lei, forse, avrà un colore diverso.