Tra i cadidati sindaco di questa tornata elettorale è nella fascia dei giovanissimi ma non per questo da sottovalutare. Anzi. Milo Manica, 25 anni, è determinato e “sul pezzo”. Guida la lista “Allea – l’Angera che serve“, una civica che propone persone provenienti da esperienze diverse e motli candidati under 30.
VAI ALLA PAGINA DI ANGERA DELLO SPECIALE ELEZIONI
Manica, da dove nasce la scelta di candidasi?
«Circa due anni fa, con alcuni amici, abbiamo provato a interrogarci sulle problematiche che riguardavano il nostro comune e territorio. Abbiamo iniziato ad analizzare, fare critiche ma anche proposte e abbiamo capito che per cambiare le cose dovevamo fare un passo in più. Da lì il gruppo si è allargato e ne è seguita la scelta di candidarci e di iniziare a lavorare sul programma».
La sua lista pone, tra tutti, un tema forte che è quello della partecipazione dei più giovani alla vita politica locale e alla creazione di nuove opportunità per rendere attrattivo il territorio.
«Sì, l’idea di fondo è che ci piacerebbe dimostrare che per i nostri coetanei esiste un’alternativa alla scelta di fuggire all’estero e allo stesso tempo mi piacerebbe che si venissero a creare le condizioni per rendere Angera più appetibile anche per le giovani coppie. Ma per farlo abbiamo capito che occorre impegnarsi in prima persona e mettersi al servizio della comunità. Il lato positivo è che abbiamo trovato tanti altri giovani interessati e che hanno deciso di partecipare al nostro progetto».
Quali sono le priorità a suo avviso e quali sono le prime cose di cui si vorrebbe occupare in caso di elezione?
«In realtà non è semplice scegliere. Le cose da fare sono moltissime. Noi spingiamo molto sul concetto di fare rete inteso innanzi tutto come territorio, andando a migliorare e in alcuni casi recuperare i rapporti con i territori vicini e i comuni confinanti. Fare rete significa a nostro avviso, ad esempio, trovare una posizione comune per parlare a una sola voce sul tema dell’ospedale, trovare un modo diverso per far partecipare i cittadini e, nel caso delle frazioni, avviare un discorso continuativo facendosi indicare, non nominando, dei referenti dei territori più periferici. Tornando invece alle opere vere e proprie, penso che recuperare il lido La Noce sia uno degli interventi necessari».
L’attenzione all’ambiente e alla tutela della natura è una delle componenti centrali del vostro programma. Quali sono le vostre proposte?
«Nel nostro programma inseriamo diverse proposte che riguardano la gestione dell’ambiente e che partono dal fatto che Angera può vantare una ricchezza paesaggistica e ambientale unica, una ricchezza che però deve essere vissuta in modo responsabile. La nostra idea di fondo è quella di incentivare una forma di utilizzo sostenibile e di turismo di qualità».
Che cosa intendete per “turismo di qualità”?
«Penso che avere un turismo mordi e fuggi concentrato soltanto su una giornata, il sabato o la domenica, attratto dal solito mercatino sul lungolago, sia un limite. Nel nostro programma puntiamo invece a studiare un’offerta di eventi che durino più giorni per dare ai visitatori lo stimolo a vivere il territorio in modo diverso. Penso anche alla mobilità dolce: io punterei a garantire ai residenti dei posti auto in centro ma allo stesso tempo lavorerei per spingere i visitatori a parcheggiare all’esterno potenziando i servizi, come la possibilità di prendere delle bici a noleggio o in bike sharing. Tornando al tema della qualità: ricordo che Angera è uno dei comuni che rientrano nell’area Mab tutelata dall’Unesco, un riconoscimento da sfruttare al meglio per rilanciare un turismo attento all’ecosistema e infine abbiamo l’Oasi sulla quale credo sia necessaria una gestione più adeguata e in sinergia con la Provincia e gli enti di ricerca e tutela, sul modello di quanto avviene in altri luoghi simili come la Palude Brabbia».
Che cosa ama di più ad Angera e che cosa cambierebbe?
«Angera è il luogo in cui vivo e che ha una bellezza paesaggistica incredibile. Ma amo anche la sua dimensione di “paese” a misura di uomo e di cittadino. Trovo però che si possa lavorare ancora tanto per far emergere il suo potenziale. Credo sia un po’ come la bella addormentata che aspetta da troppo tempo di essere risvegliata».
di Maria Carla Cebrelli