«Scopriamo perché ‘giocare’ d’azzardo è sempre, e comunque, perdere»: si è aperta così la serata di venerdì 10 maggio in Villa Montevecchio organizzata da Alessandra Cariglino sul fenomeno dell’azzardo in collaborazione con l’associazione And – Azzardo e nuove dipendenze.

Samarate, infatti, è capofila di ventidue comuni che condividono le buone prassi per combattere il fenomeno della ludopatia e sensibilizzare i cittadini sui rischi e sulle conseguenze che tale patologia può comportare (è un impegno ormai storico, da un decennio).

In apertura della conferenza la Cariglino ha riportato i dati aggiornati sul fenomeno circoscritto a Samarate: il totale della raccolta di chi gioca ha subito un aumento dal 2017 arrivando a 11 milioni e 300 mila €, mentre nel gioco online si registrano 4 milioni e 265 €. Un fenomeno sempre più in crescita, specialmente tra i ragazzi che rischiano così di buttare via il loro percorso di crescita. In Italia, inoltre, negli anni di piena crisi economica ha subito una paradossale impennata anche grazie all’entrata in campo del gioco online, sempre più pervasivo grazie al telefono, che permette di giocare in tempi e spazi illimitati.

Relatore dell’incontro Vittorio Belloni, docente dell’istituto “A. Ponti” di Gallarate, che insieme al collega Luigi Amoroso parla alla platea del fenomeno adottando una tecnica inusuale, a tratti innovativa: l’approccio non abbraccia il proibizionismo, bensì partendo dalla matematica e dalla probabilità, Bellloni dimostra attraverso dei momenti di giochi di prestigio e di simulazioni di puntate o partite di poker come, in realtà, questi siano concepiti per far perdere. «La scienza può aiutare a vincere: c’è una formula, quella della convenienza, che, se applicata al gioco può dire se si vincerà e anche quanto. Ebbene, la formula della convenienza dei giochi d’azzardo risulta sempre negativa: più si gioca e più si perde, e chi crea il gioco conosce bene questa regola», spiega Belloni.

Ma perché le persone continuano a giocare? «Attenzione, c’è una differenza labile tra il giocare dei bambini ed il gioco d’azzardo, sintagma diluito ed innocente solo in apparenza»: insieme alla parola “gioco”, Belloni ha fatto luce anche su altre che non vengono mai pronunciate in questi ambienti, come “spesa” del gratta e vinci, «che è l’unica cosa certa quando si gioca», e “bilancio” «dice quanto si è giocato e quanto si ha vinto, ma sarà sempre in negativo». Il termine “vincita”, poi, secondo il professore, è ambigua, fuorviante e pericolosa, perché «spesso il giocatore non si rende conto di aver vinto esattamente quanto ha speso per giocare». «La parola “hai perso” non si legge mai, piuttosto si trova un più confortante “non hai vinto”, che invoglia ancora di più a giocare, dà speranza».

Tutti questi giochi solleticano il cervello umano, sostiene Belloni, che ne rimane infatuato e, di conseguenza, invogliato a giocare:«I rapporti di causa effetto, le “quasi-vincite – che non esistono, sono perdite -, gli eventi praticamente impossibili che, però, potrebbero succedere» sono degli autoinganni che i giocatori dipendenti si infliggono per illudersi nella speranza di vincere, prima o poi.

Una conferenza, quindi, quella di Belloni, fuori dalle righe, ricca di giochi e di interazione con il pubblico volto a renderlo consapevole non tanto delle conseguenze in termini di dipendenza patologica o di rischio economico e di indebitamento, ma su quello che si cela dietro al mondo del gioco d’azzardo: un tentativo di prevenzione a priori.

di Nicole Erbetti